con così tante lettere si rimane senza parole…
Viene il momento di riordinare le idee e di approfittare di quello che si ha in valigia.
Per ora sembrano solo oggetti bellissimi bisognosi di cura e comprensione…
ho voglia di vedere cosa succede.
con così tante lettere si rimane senza parole…
Viene il momento di riordinare le idee e di approfittare di quello che si ha in valigia.
Per ora sembrano solo oggetti bellissimi bisognosi di cura e comprensione…
ho voglia di vedere cosa succede.
È così tanto che non scrivo qui… stamattina è il momento giusto per ricominciare, se sarà continuativo lo vedremo, ma ci sono i miei nuovi amici che avevano voglia di mostrarsi, di far sapere che ogni giorno possiamo scegliere da capo, anzi non da capo ma dal punto in cui siamo arrivati che è molto più avanti.
Ho appena chiuso l’ultima pagina de “Il serpente di Venezia”. E non mi ha deluso neanche stavolta, anzi ogni volta è meglio.
Poi vedo che vive a San Francisco: capisco perchè fa ridere anche nella postfazione e ti strappa l’ultima risata nelle note a fine testo.
“Per me è una storia di ipocrisia e avidità, coraggio e dolore, rabbia e vendetta. Ma soprattutto, volevo scrivere una storia che dimostrasse quanto sarebbe fico avere un drago personale, come desidero da quando avevo cinque anni.”
Un genio che esplora seriamente le storie che scrive per poterle volgere in ironia, quel genere di risata a volte anche un po’ horror che fa tanto bene al cuore! (ok sono un po’ strana anche io talvolta)
Ho appena chiuso l’ultima pagina di “la scomparsa della vetta più alta d’Italia”.
All’inizio ho fatto un po’ fatica. Sembrava un po’ astruso, poco scorrevole, insomma un libro che non ti coinvolge.
Poi ci sono entrata davvero dentro, senza riuscire a distrarmi più e ho viaggiato nel tempo, dentro a questo stile ottocentesco di descrivere persone, situazioni, paesaggi, pezzi di storia insomma, per arrivare alla fine a sfrugugnare nei sentimenti.
Un’immersione nel tempo e nello spazio in luoghi cari, storie note e mai vissute, personaggi un po’ mitici e un po’ no, ed è allora che diventano veri.
Complimenti agli autori: alla fine anche le due pagine su di loro sono un pezzo del romanzo.
La mia frase preferita a pag. 190: “la carta di quel tratto di valle è una lettera d’amore. Chi sarebbe tanto pazzo da non desiderare di riceverne una, almeno una volta nella vita?” non vi dico di più sarebbe spoiler.
sono cambiate tante cose in giro per il mondo
ad esempio oggi pensavo di cambiare musica
ma le arselline di cui si parlava l’anno scorso ci sono di nuovo
nelle tre foto in ordine sparso: arselline mature nel cesto, arselline acerbe sul ramo, arselline in confettura nel barattolo
certezza di stagione: aggrappiamoci alle cose che non cambiano
È come un sogno ricorrente.
Ovvio.
La bellezza del taglio di luce bianca sul mare di ardesia.
La distanza dalla terra e dall’orizzonte.
Il silenzio.
La brezza, l’ebbrezza.
Ogni volta che vedo una vela vorrei andare via.
Resta un sogno.
può succedere che girellando per il “Libro della gente” incontri qualcosa di “carino”
tipo la pagina di un artista che già conosci un po’ e che apprezzi
può succedere che ti incuriosisci
e che approfondisci
e che ordini alla fine qualcosa
così un po’ sulla fiducia un po’ sperando nel tuo istinto
può succedere che quando ti arriva il pacchetto
aspetti per aprirlo il momento favorevole
e può succedere che hai fatto bene
che anche la confezione è fatta a mano
che anche la ricevuta è in un sacchetto
che ogni cosa è curata
e pensata
e capisci che hai fatto bene ad aspettare
perché anche aprire il pacchetto fa parte dell’opera
come ogni sua parte
semplice, efficace, creata per spostare l’attenzione dalla serie indefinita
al fuori formato infinito e pieno
sarà banale dirlo ma è quello che si prova in loco
i parchi sono esagerati
esagerate le distanze da percorrere con macchine esagerate
esagerate le sequoie
esagerati i pericoli
tant’è che quando rientri in città (una qualunque con tutti i suoi pericoli cittadini micadaridere) ti senti al sicuro: nessun orso ti ha rubato la merenda; nessun serpente ti ha tagliato la strada; nessun topo rabbioso è rimasto chiuso con te in cantina e soprattutto nessun fulmine ti ha fulminato sul baratro
tiri un sospiro di sollievo e finalmente ti godi la gita… che hai già fatto
anche se non è tanto utile pensarlo anche losangeles ha un downtown
e abbiamo cominciato di lì a scoprire la città, per scoprire che non è una città ma tantaroba del genere dituttodipiù e splendore (da rimanere tutto il giorno solo alla Walt Disney Concert Hall) vicino al massimo del bruttosporcotrasandato e questo in uno solo dei tanti quartieri o pezzi di città o… pezzi di L. A.
in ogni caso puoi trovare un sacco di cose da fare a downtown tipo mangiare in un vecchio mercato che oggi è un fast food, passeggiare in un resto vago di quartiere antico e poi esplorare una libreria mitica (senza contare i negozi di abbigliamento a basso costo: una vera tentazione)
poi tornare alla sera nella “California old style” è proprio ciò che ci vuole per sentirsi a casa in un telefilm anni ’60, con il pensiero che tra poco – forse già adesso – di questo edificio non resta niente: troppo vecchio per essere sul mercato
Poi ci sono tanti altri pezzi dove si può andare, stare. abitare, lavorare, comprare, disperarsi e ispirarsi: venice santa monica beverly hills hollywood long beach newport beach tanto per dire
ma alla fine il ricordo migliore è pur sempre una finestra (non una qualunque)
poi ti muovi verso sud
seguendo la mitica 1
ed è agosto
e c’è nebbia
e sei sopraffatto dalla lunghezza
la vastità è un moltiplicatore per 1,60934 come tra km e miles
ma ci sono scorci e miti ad ogni passo: tipo fermarsi a mangiare a Monterey dove c’è stato il grande festival del 1967, o vedere in lontananza gente che gioca a golf sul bordo dell’oceano, per poi avvicinarsi al tramonto a dare la buona notte a foche e leoni marini, miglio dopo miglio, paesaggio dopo paesaggio
e poi alla sera si arriva a casa
una casa “in stile vecchia California”
praticamente della stessa epoca di Happydays anche se un bel po’ più lontano